Becoming Michelle

 

La storia ad alto tasso di ispirazione di oggi è quella di Michelle Robinson Obama.

L’occasione è quella del documentario uscito poco tempo fa su Netflix che racconta il tour dell’ex first-lady per la presentazione del suo libro uscito due anni fa dal titolo Becoming.

Dal documentario al libro è stato un attimo, tanta è stata la voglia di approfondire la storia di questa donna forte e carismatica

La parabola di Michelle mi sembra emblematica di quella che può apparire una fortuna sfacciata, per una donna nata nella periferia di Chicago da una famiglia di modeste risorse.

 

“Mio nonno paterno nato nel 1912, era nipote di schiavi,
figlio di un operaio tessile e primogenito di 11 fratelli”.

 

La sua è una storia di emancipazione, di tenacia e empowerment femminile che ci dimostra come la fortuna sia il frutto di un processo, fatto soprattutto di giorni di duro lavoro, di studio, delusione e frustrazione, di episodi di razzismo, allineati uno dietro l’altro.

Anche se i più sono portati a credere che la fortuna sia un evento estemporaneo slegato da quel processo, in realtà, la fortuna non esiste.

 

Perchè parli come una bambina bianca?

 

Michelle nel suo libro ricorda questa domanda che le venne rivolta da una cuginetta durante una riunione di famiglia in occasione di un barbecue.
Il suo lessico era pulito e senza slang così come avevano voluto i suoi genitori, qualcosa che per la sua comunità la poneva subito dall’altra parte della barricata: tra i bianchi.

Perché non stai al tuo posto? Perché tradisci le tue origini? Perché non sei incasellabile e catalogabile?

Erano domande piene di implicazioni che l’avrebbero accompagnata tutta la vita.

Vivere otto anni alla Casa Bianca fu un’opportunità straordinaria per Michelle per imparare, anche dolorosamente, a diventare se stessa, a trovare la propria voce e ispirare, donne, uomini e minoranze.

Michelle e Barack, coppia iconica del nostro tempo, hanno incarnato il sogno americano, desiderio e ambizione diventati realtà.

Ma in quanto prima coppia presidenziale di origine afroamericana, l’America pretese di più da loro.

La loro vita e le loro parole furono state vivisezionate alla ricerca del rancore e della frustrazione e della voglia di rivalsa.

Qualcuno cercò addirittura i segni di un Barack musulmano.

Per tanti, fu una vera e propria ossessione: o era troppo nero o era troppo chiaro, per altri ancora non era bianco.

Oggi come allora Michelle non si sottrae alle domande scomode e talvolta impertinenti delle tante persone incontrate durante il tour di presentazione del libro.

La sua preferenza va sempre agli incontri e al confronto con i giovani, che a giudicare dal documentario sono spesso ispanici, asiatici e ovviamente afroamericani.

Lei, da vera leader, si vede come riesca sempre a spostare il fuoco dalla rabbia e la recriminazione che arriva a volte dai suoi interlocutori, all’empowerment, alla tenacia, alla disciplina, al lavoro incessante per migliorarsi.

Michelle racconta gli anni della sua giovinezza in cui le veniva sconsigliato di iscriversi a Princetown: “Non ero materiale per un istituto così prestigioso”, di quando le compagne bianche del college non volevano condividere la stanza con lei.
La sofferenza di quando i media americani l’avevano dipinta come una donna nera troppo arrabbiata, ancora una volta sperimentava sulla sua pelle “il bisogno di collocare una persona in un gruppo etnico e la frustrazione che nasce quando non è così facile farlo”

 

“Ripensando al disagio di quel momento, mi rendo conto della sfida più grande:
far coincidere chi sei con il posto da dove vieni e con quello in cui vuoi andare”.

 

Ma, come diremmo noi: when there’s a will, there’s a way.