I buoni propositi per il 2020, un anno dopo.

 

 

Ve lo ricordate il 31 dicembre 2019?

C’era una certa eccitazione nell’aria: finiva un decennio e quel numero, 2020, solleticava le fantasie degli appassionati di New Age e i calcoli dei numerologi.

Certo, c’era anche chi storceva il naso di fronte all’arrivo di un anno bisestile (non lo diciamo, ma siamo tutti un po’ superstiziosi) ma chi l’avrebbe mai detto che la parola dell’anno sarebbe stata lockdown?

Anzi, a dirla tutta, ma chi l’aveva mai sentita pronunciare prima?

Lockdown, che paura!

Invece, il dizionario di lingua inglese Collins ha scelto proprio questo termine per definire una volta per tutte l’annus horribilis che è appena finito.

D’altronde, come dargli torto: secondo le sue statistiche, questa parola ha visto un aumento di utilizzo del 6000% e forse mai come in questo caso un unico termine è stato sufficiente a raccontare ciò che l’intero pianeta ha vissuto in questi 365 giorni di ansia, paure, ma anche di speranza e condivisione.

Un lockdown che ha minato alla base tutti i buoni propositi per l’anno 2020: parità di genere, diritti sul lavoro, sviluppo del terzo mondo, scolarizzazione, infanzia, non c’è settore che non abbia registrato dei peggioramenti.

Non che di solito gli impegni presi a livello globale, ogni maledettissimo anno, vengano rispettati, ma non c’è dubbio che nel 2020 non c’è stato tempo di fare altro: la pandemia imperversava.

E imperversa tutt’ora.

E tutto il resto è passato in secondo piano.

A ben guardare, gli unici che per almeno un momento hanno visto alcuni dei loro obiettivi realizzati, probabilmente sono stati gli ambientalisti.

Ma c’è poco da gioire: è vero che sono tornate le balene persino in Sardegna e i pesci nel Canal Grande, è vero che molti animali si sono ripresi i loro territori, tanto che persino gli orsi sono scesi nei borghi trentini, ed è anche vero che in Cina il lockdown, la parola dell’anno, ha consentito la riduzione delle emissioni di CO2 del 25%, ma a che prezzo?

L’altra parola dell’anno 2020

La parola dell’anno 2020, quella decretata dal dizionario Collins, fa d’altronde il paio con quella scelta dal Cambridge Dictionary, che si è orientato verso “Quarantine”, un termine che fino a febbraio dell’anno scorso associavamo solo alla peste nei Promessi Sposi.

Durante questi 12 mesi, invece, abbiamo imparato a conoscerlo meglio, a utilizzarlo e a declinarlo in tutte le sue sfumature: quarantena di 15 giorni, no scusate, di 20, come non detto 7 andranno benissimo….Aiuto!

Insomma, questo anno 2020 non è andato affatto bene.

Nonostante i buoni propositi, non solo la pandemia di Covid19 ha azzerato il già sottile margine di manovra di governi, associazioni e comitati, ma ha anche fatto sì che le annose problematiche della società non siano più state così sentite dalla gente.

D’altronde, come poteva essere altrimenti? Tra ospedali pieni e numeri di infetti da capogiro, l’attenzione di tutti è andata altrove.

E a noi, cosa è successo?

I nostri nuovi propositi? Tutto da rivedere!

Abbiamo dovuto trovare nuovi modi di vivere, di lavorare, di fare attività fisica, di relazionarci con i nostri conviventi siano essi partner, figli, animali o anche solo con la solitudine.

Non è mancato il tempo per stare con noi stessi, per leggere, dormire, guardare una nuova serie o panificare come se non ci fosse un domani.

Di tutto questo tempo ne abbiamo fatto un buon uso?

La domanda è importante perché ci può servire anche per questo 2021, visto l’andamento della pandemia, per prendere meglio la mira.

Per non farci trovare impreparati e invariati quando tutto questo finirà, forse nel 2022…siamo pronti a fare di quest’anno un annus mirabilis?

A fine 2019 ho pensato agli obiettivi del 2020 e le parole dell’anno che sono uscite fuori (sì…meglio abbondare), sono state due: pragmatismo e stabilità.

Quest’ultima, arrivata dopo un anno e mezzo di pendolarismo, con la pandemia ha preso la connotazione della stanzialità vera e propria!

Una parola profetica…

L’altra mi ha portato a fare un passo indietro rispetto ai miei progetti per dare basi più solide e più concrete a tutto quello che voglio realizzare professionalmente e alla fine del 2020 la conclusione è stata: perché non l’ho fatto prima?

Perché avevo paura.

“Soffriamo più per la nostra immaginazione che per la realtà.”
Seneca

Quindi, com’è andato il 2020?

Decisamente non bene. Ma la buona notizia è che siamo ancora qui, più determinati che mai a raggiungere obiettivi e desideri in questo 2021 appena iniziato.

Insomma come diciamo noi: non abbiamo smesso di sognare solo perché abbiamo avuto un incubo, perché abbiamo imparato che, fortunatamente, si sopravvive a tutto.

Don’t stop dreaming jut because you had a nightmare