Ricordarsi degli inizi (imperfetti)
Questa pochette che vedi in foto qui sopra, scalcagnata e con la scritta sbiadita, è sempre con me e, quando devo ridurre all’osso l’occorrente da portare in giro, resta a casa, ma sempre in bella vista.
È il mio remind, il mio promemoria, per non dimenticare da dove tutto è iniziato, per non dimenticare gli errori, che fanno inevitabilmente parte del percorso.
Insomma un trofeo della memoria e dell’imperfezione.
Sono stata una perfezionista e questo mi ha spesso bloccata. Ero vittima della sindrome della troppa analisi che porta alla paralisi, ma, quando ho capito che il momento in cui mi sarei sentita pronta non sarebbe mai arrivato, allora mi sono buttata.
E ora a distanza dal quel tuffo, ho capito che la partenza imperfetta è la norma, è inevitabile ed è un diritto.
“Se non stai sbagliando, non stai crescendo”.
Stanley Judd
E allora guardo alla pochette scalcagnata e alla me stessa di allora con tenerezza e con la soddisfazione di aver avuto il coraggio di fare quel che mi ha fatto crescere, tanto.
Una scarpa e una ciabatta mode: ON.
Una volta lessi la storia di un imprenditore di successo che riassumeva il suo inizio imperfetto con la modalità “Una scarpa e una ciabatta”.
L’espressione mi ha sempre fatto ridere e l’ho fatta mia. È una filosofia che mette l’accento sul coraggio dell’agire, costi quel che costi, perché non si è mai pronti abbastanza quando si esce dalla zona di comfort.
E io ci penso ogni qualvolta la paura di fare una determinata azione mi blocca. Di fatto, un’ottima tecnica no-drama.
Come forse sai, se ci segui e ci conosci da un po’, le vite degli altri ci ispirano, ci spronano, ma a volte possono diventare modelli irraggiungibili.
Le storie di successo possono essere ingannevoli quando sono raccontate in chiave sensazionalistica, come se si parlasse di dèi in terra o extraterrestri. Si può perdere di vista la zona grigia e l’ordinario delle vite straordinarie: sì, ci sono fatica, noia, lunghe attese, rifiuti ed errori a iosa anche in quelle.
Può succedere che quello che ci appare perfetto negli altri, nelle cose, in quello che ammiriamo e a cui guardiamo come un modello di riferimento, ci blocchi, agendo sul nostro senso di inadeguatezza.
Che diventi una scusa per rimandare, per mollare, per non lavorare alacremente sul nostro progetto, per evitare di metterci alla prova e buttarci nella mischia.
Sento le voci, anzi una sola: la mia.
Abbiamo paura del giudizio degli altri, ci siamo passati tutti, ma troppo spesso siamo noi i censori più severi e inflessibili di noi stessi.
Allora come mettere in scacco quella voce sabotante che ci dice che non ce la faremo mai e che gli altri sono meglio e andare avanti e progredire?
Personalmente ingaggio una conversazione con la vocina che si conclude così: “Dici che non ce la farò? Grazie di avermelo fatto presente! Ciao!”.
E con un mix di paura e coraggio, si agisce, come spiega in maniera efficace lo psicologo Luca Mazzucchelli in questo video.
Prima spara, poi prendi la mira.
Viviamo un’epoca piena di opportunità, dove si può fare e sbagliare senza farsi troppo male, perché non tentare?
Sono tempi straordinari, nel bene e nel male, e la risposta non può essere la normalità. Dobbiamo realizzare la nostra unicità, non ci sono altre strade. Ma questo significa fare delle scelte e scegliere ci fa sentire soli, perché decidere è recidere, vuol dire ridurre il ventaglio delle opportunità, tagliare rami secchi di varia natura, dentro e fuori di noi.
“Hai paura del buio?”, cantavano gli Afterhours, la domanda in questo caso è: hai paura della solitudine? E quanto?
La paura di scegliere, di sbagliare non va mai via del tutto, ma con il tempo si indebolisce, diventa sempre meno paralizzante e allora si va avanti con nuove idee, perché rinnovarsi è una parola chiave, un mantra, un’esigenza imprescindibile se si fa un lavoro creativo.
Domani arriva settembre, il secondo capodanno dell’anno. Si riparte e arriveranno delle novità in autunno.
Ovviamente con i nostri tempi, come piace a noi, con un lavoro di pensiero e un’aspirazione all’essere più durevoli e meno fast-fashion. Lavoriamo con le parole, che hanno bisogno di sedimentare e portare frutti a tempo debito.
Perciò, stay tuned e che l’ispirazione sia sempre con noi.