Lous and the yakuza, una storia tagliente e preziosa come un diamante
Di questi tempi hanno detto che per salvarci dobbiamo stare lontani dagli altri, tenerli a distanza come fossero i nostri peggior nemici.
Un ritorno ai primordi, precipitati d’improvviso nel baratro di un primitivismo.
Pensieri e parole che ormai da giorni rimbombano ancor di più, tali da far sanguinare l’anima, perché sembrano proprio essere una cornice dolorosa in cui giace il corpo martoriato di George Floyd. Perché, altro che Covid, il razzismo nel 2020 continua ad essere la vera pandemia.
Ma la nostra storia ad alto tasso di ispirazione è un racconto di riscatto e più di tutto di speranza di cambiamento e la musica diventa il volano per veicolare il dolore e la forza della vita.
Lous and the Yakuza, all’anagrafe Marie-Pierra Kakoma, ha 24 anni, è una cantante, è nata in Congo da due genitori medici. A cinque anni si trasferisce in Belgio per stare con la mamma esiliata politica, a nove si sposta in Rwanda con tutta la famiglia dove prende coscienza della tragica storia del paese, contrassegnata da un genocidio tra i più feroci che la storia dell’uomo ricordi.
A 16 anni decide di tornare in Europa e perseguire il sogno di studiare musica nonostante il parere contrario dei suoi.
Marie-Pierra è di nuovo in Belgio, sola, giovanissima. Nel giro di alcuni anni conoscerà dolori profondi: aggredita più volte, vivrà in strada a più riprese e si ammalerà.
Riverserà tutto nella composizione delle sue canzoni.
“La vie est une chienne qu’il faut tenir en laisse,la vie me hante, tout ce qui m’entoure m’a rendu méchante, si je rate je recommence, quand je suis triste je chante”
“La vita è un cane che deve essere tenuto al guinzaglio, la vita mi perseguita, tutto ciò che mi circonda mi ha reso cattiva, se fallisco ricomincio, quando sono triste canto”.
Nell’ottobre del 2019 il suo singolo Dilemme diventa un hit in tutto il continente, poi l’album dell’esordio intitolato Gore.
Nel brano Solo, Lous parla proprio di solitudine, di una condizione connaturata alle persone nere che la vivono per via della loro razza.
Perché il razzismo è razzismo, non importa quali che siano le tue origini.
Senti che da persona nera devi combattere sempre, devi difenderti e ti chiedi perché. Non è qualcosa che si basa sulla tua personalità, sul tuo accento, vieni giudicato per qualcosa su cui non hai controllo e allora preferisci restare solo.
È giovane Lous, ma gli anni trascorsi in paesi dove la guerra è il triste fil rouge della vita, oggi la fanno parlare di inclusività, di convivenza tra le persone. Al di là del colore della pelle.
Gli aspetti duri delle esperienze vissute sono stati trasformati dalla sua capacità di elaborazione e dalla sua arte.
La sua diventa una presenza magnetica e trasfigurata, sul palco e non solo.
In occasione di un’intervista Lous ha voluto rimarcare la voglia dei giovani di cambiare, di essere comunque circondata da coetanei che vogliano migliorare la propria vita e le condizioni del mondo.
“Bisogna ridere invece di piangere. Non importa quello che ti succede, devi rimanere positivo”
È il mantra di Lous and The Yakuza, alias Marie Pierra Kakoma, 24 anni, cantante.
In altre parole, o meglio con le nostre parole: “Don’t stop dreaming just because you had a nightmare”.